L’avvento dei tempi moderni viene vissuto dai contemporanei con sentimenti contrastanti: da una parte si esaltano le nuove possibilità di benessere che si aprono nel campo dei consumi e dello stile di vita; dall’altra si denunciano i rischi di alienazione e asservimento dell’uomo alle macchine: una tradizione critica che troverà espressioni immortali come l’omino chapliniano prigioniero degli ingranaggi in Modern Times (1936) e l’operaio in preda a timori paranoici nel Memoriale di Paolo Volponi (1962). La formazione di una società di massa garantisce la libertà fornita dall’anonimato ma al tempo stesso sembra opprimere e incasellare in ruoli rigidi il singolo individuo, spogliato della propria dignità personale. Questi timori vengono confermati dal sorgere di nuove forme totalitarie di organizzazione sociale. Le studiose e gli studiosi che il lettore incontra in questo volume hanno cercato di analizzare e raccontare l’impatto profondo di questo cambiamento nei più diversi ambiti della vita sociale, prendendo in considerazione una vasta pluralità di soggetti – intellettuali, partiti e regimi politici, la Chiesa cattolica, mondi produttivi e altro ancora.
Compiti inediti si ponevano dinanzi a chi – nei diversi campi della cultura, della politica, delle chiese e della organizzazione socio-economica – si trovava a dover interpretare il mutamento e conciliare in qualche modo tradizione e modernità.