L’osservazione del comportamento di cavi elastici, reti, membrane e pellicole di sapone suggerì nuove possibilità di organizzazione della materia e delle strutture architettoniche: trovare la forma (form-finding) piuttosto che crearla a partire da modelli predefiniti (form-making). Sergio Musmeci rappresenta il più alto esempio italiano di questa ricerca ed incarna la figura di un progettista in grado di riconciliare la separazione accademica tra ingegneria e architettura, tra arte e scienza. Musmeci lascia un archivio significativo di soluzioni, invenzioni, intuizioni, concepts e realizza un progetto-manifesto, il Ponte sul Basento a Potenza. A mezzo secolo dalla sua realizzazione la struttura appare come opera fuori dal tempo, un’impresa della mente e nello stesso tempo la traccia evidente di un considerevole pragmatismo. Musmeci ribalta l’approccio tradizionale al calcolo strutturale, perseguendo con tenacia l’idea della “forma come incognita”, rifiutando dunque i metodi codificati di dimensionamento e verifica di elementi predefiniti (piloni, travi, archi) individuando la necessità di “sviluppare una vera e propria teoria delle forme”. Le intuizioni di Musmeci si allineano (e anticipano per certi versi) nuovi indirizzi di ricerca che, a partire dagli anni ’80, caratterizzano l’intera avanguardia architettonica (da Eisenmann a Zaha Hadid), sintetizzabile nella centralità del concetto di diagramma ed “interamente basata sulle enormi potenzialità di trattamento delle informazioni offerte dai calcolatori elettronici”: il tipo non definisce più l’idea di partenza di un’opera, ma è sostituito dal diagramma che rifiuta la descrizione della forma finale dell’oggetto architettonico per indagare il sistema complesso di relazioni delle sue parti.